Smart Working o Remot Working: quale futuro per l’Italia?

12-06-2020 15:39 -

L'emergenza da coronavirus ha dato una spinta alla diffusione del concetto di “lavoro agile” in Italia: il nostro paese è ultimo in Europa ma si avvia verso un forte cambiamento culturale



Quello dello Smart Working è un concetto che negli ultimi 2 mesi abbiamo imparato non solo a conoscere ma con il quale abbiamo fatto i conti a livello pratico: una vera e propria nuova realtà che ci ha messo di fronte ad un potenziale cambiamento culturale destinato a modificare radicalmente le nostre abitudini lavorative. Ma facciamo un passo indietro e vediamo nel dettaglio di cosa si tratta. In questi due mesi di quarantena forzata abbiamo spesso sentito tradurre il termine “Smart Working” con il generico lavorare da casa: nulla di più limitativo e lontano dalla realtà dei fatti. Il “lavoro agile, infatti, è molto di più del semplice telelavoro o Remot Working. In questo caso, ci si riferisce essenzialmente allo svolgimento delle proprie mansioni lavorative da casa, rispettando però gli orari canonici previsti dal contratto lavorativo. In sostanza, cambia semplicemente la sede dalla quale il dipendente svolgerà i propri compiti ma nella sostanza ci sono ben poche differenze dal classico lavoro d'ufficio. Quando si parla di Smart Working, al contrario, ci si riferisce ad un sistema che consente al lavoratore di scegliere non solo il luogo da cui lavorare ma anche l'orario. Un radicale cambiamento di prospettiva che permette realmente di conciliare le necessità lavorative a quelle personali e familiari. Ma l'Italia è davvero consapevole dei vantaggi del lavoro agile?


Smart Working, Italia fanalino di coda europeo



Guardando i dati dell'ultimo rapporto Eurostat datato 2018 la risposta sembrerebbe decisamente negativa tanto che l'Italia continua ad essere il fanalino di coda dell'Europa in quanto a diffusione dello Smart Working. Se la media europea dei lavoratori dipendenti impegnati smar tworking è dell'11,6%, nel nostro paese si attesta appena al 2% mentre a guidare la “classifica” restano i paesi del Nord Europa come Svezia e Olanda dove il lavoro agile coinvolge circa il 31% dei lavoratori.
Tuttavia, proprio l'emergenza sanitaria da Covid-19 ha dato una notevole spinta alla diffusione di questo “nuovo” paradigma lavorativo anche nel nostro Paese. Nonostante l'Italia resti ancora notevolmente sotto la media europea, oggi si registra un incremento del 20% rispetto ai dati del 2018 con oltre 570mila lavoratori agili presenti sul territorio italiano. Una prima luce in fonda al tunnel: le aziende italiane ancora faticano a liberarsi delle vecchie abitudine lavorative ma senza dubbio le necessità imposte dalla diffusione del Coronavirus hanno spinto fortemente verso un primo cambiamento culturale importante. Che sia il primo passo verso una vera e propria rivoluzione del mondo del lavoro?

Imprenditori e dipendenti, probabilmente, se lo stanno augurando. Se per i dipendenti diventa sempre più possibile, come abbiamo già detto, conciliare lavoro e vita privata, sono proprio le aziende che guardano con altrettanto interesse al lavoro agile Lo sviluppo e l'implementazione di attività di smart working, infatti, può tradursi anche in un miglioramento della produttività e, parallelamente, della riduzione dei costi con conseguente aumento degli investimenti. Magari proprio in tecnologia.